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Nocciola del Piemonte IGP

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La Nocciola Piemonte IGP si riferisce ai frutti in guscio, sgusciati e semilavorati ottenuti dalla cultivar di nocciolo Tonda Gentile Trilobata la cui produzione avviene in Piemonte e prevalentemente nell’areale compreso tra le colline delle Langhe, Roero e Monferrato. La Nocciola Piemonte IGP è soggetta a un Disciplinare di Produzione che stabilisce le caratteristiche del Prodotto, dalla cultivar all’area di produzione, ai sistemi di coltivazione, alla commercializzazione e all’etichettatura. L’IGP Nocciola Piemonte è stata riconosciuta ufficialmente con Decreto Ministeriale il 2 dicembre 1993. Normalmente va conservata in ambienti freschi e ventilati e si può mangiare appena colta o dopo l’essiccatura. Il prodotto è prevalentemente utilizzato nell’industria dolciaria per la preparazione di creme, torte, gelati o come ingrediente nel tipico cioccolatino piemontese, il gianduiotto, e nel caratteristico torrone natalizio, dove la nocciola costituisce l’ingrediente fondamentale ed esprime al meglio le proprie caratteristiche. La Nocciola Piemonte I.G.P. si distingue anche per le sue proprietà benefiche. È ricca, per esempio, di acido oleico, capace di combattere il colesterolo cattivo e aumentare quello buono, nonché di vitamina E, utile per contrastare l’azione dei radicali liberi e l’invecchiamento cutaneo.

Aglio di Caraglio IGP

Il territorio del piccolo Comune di Caraglio, nella zona pedemontana della Valle Grana, è da sempre particolarmente vocato per la coltivazione dell’aglio. Grazie alla vicinanza delle Alpi, gli inverni sono freddi e nevosi, mentre le primavere e le estati sono fresche e ventilate, e questo microclima dona all’aglio (cotto ma anche crudo) un sapore delicato e una facile digeribilità. La semina avviene in autunno e l’aglio è coltivato secondo tecniche tradizionali: lavorazioni manuali, niente chimica di sintesi, rotazione almeno triennale con leguminose (ad esempio lenticchie e fagioli), cereali (come mais ottofile e barbarià, una consociazione di segale e frumento usata in passato dai contadini per produrre una farina particolare) e altre specie (come patate e cavoli) coltivate su terreno eventualmente fertilizzato con letame bovino maturo. La pianta è vigorosa e rustica, il bulbo ha dimensioni piccole (20-60 mm) e spicchi affusolati con striature color rosso vinaccia. Dopo la raccolta si fanno seccare i bulbi sui graticci e quindi si confezionano, rigorosamente a mano. Al naso l’aglio storico di Caraglio offre profumi e aromi delicati, che si ritrovano anche al palato. La persistenza gustativa lo rende un ingrediente ideale per alcune preparazioni tipiche piemontesi come la soma d’aj (una bruschetta con pane casareccio, aglio, olio extravergine e sale), la bagna cauda (una salsa a base di aglio e acciughe) e il bagnetto verde.

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Miele

La storia della produzione di miele in Piemonte affonda le sue radici nel Medioevo, come testimoniano documenti del XIII-XV secolo che attestano la diffusione dell’apicoltura nella regione, soprattutto nelle province di Cuneo, Torino, Alessandria e Novara. Oggi, l’apicoltura piemontese è rappresentata da circa 4.200 apicoltori e 151.000 alveari, con una forte presenza di produttori che lavorano uniti in cooperative, necessarie per affrontare le difficoltà economiche e di reperimento delle attrezzature dei diversi apicoltori e per tutelare e garantire la qualità del prodotto. Le api sono essenziali per l’impollinazione, la biodiversità e la produzione alimentare. Tuttavia, il cambiamento climatico, l’uso di pesticidi e la distruzione degli habitat stanno mettendo a rischio la loro sopravvivenza. Senza api, l’equilibrio ecologico e la sicurezza alimentare globale sarebbero gravemente compromessi. Noi del progetto COMPA ci impegniamo a promuovere i prodotti dei piccoli apicoltori, e teniamo molto alla diffusione della filosofia di filiera, perché riteniamo importante sensibilizzare il consumatore e portarlo a conoscenza di queste problematiche. Vogliamo promuovere un consumo consapevole del miele e una scelta di acquisto che valorizzi e sostenga i produttori locali.

Dolcetto d’Alba DOC e Dogliani DOCG 

Il Dolcetto è uno dei vitigni più tipici e diffusi del Piemonte. Deve il suo nome forse alla dolcezza dell’uva matura, o secondo un’altra teoria al termine piemontese “dosset”, ossia una collina non particolarmente alta. Il vino prodotto con uve dolcetto è stato per secoli uno dei protagonisti della vita contadina piemontese e uno dei principali oggetti di scambio con la Liguria, da cui oltre l’olio e il sale, si importavano le acciughe, l’ingrediente principale di uno dei piatti tipici più famosi del Piemonte, la bagna caöda. Nonostante ciò, notizie certe sul Dolcetto si hanno solo a partire dal XVIII secolo. Il vino Dolcetto d’Alba ha ottenuto la DOC nel 1974. Il Dolcetto d’Alba DOC si caratterizza per il suo colore rosso rubino tendente a volte al violaceo. Al naso si percepiscono profumi fruttati molto aperti e varietali, che spaziano dalla ciliegia rossa alla marasca. In bocca c’è un bell’equilibrio tra le varie componenti tanniche, acide ed alcoliche, le quali rendono il vino sapido e molto piacevole.

Il Dogliani è diverso dagli altri dolcetti per il modo in cui queste componenti si sono combinate e per i caratteri che esprimono, anche se la definizione di questa diversità rimane sempre aperta a nuove impressioni e a fattori variabili. Nel territorio del Dogliani il frutto non è quello diretto che il vitigno sembra donare in altre denominazioni e che spesso sembra limitarsi ad una vinosità piacevole ma senza sfaccettature. Il frutto del Dogliani è invece capace di espressioni aromatiche inconsuete, complesse e variegate. Un altro elemento di differenza è la qualità della struttura tannica. I tannini si muovono in accordo con il frutto conferendo grinta e struttura in bocca. Sono vini completi, ricchi ma naturali che sentono le differenze di terroir. Inoltre, nel Dogliani le capacità evolutive del dolcetto e le sue declinazioni sono diverse. Dopo qualche anno, quando il frutto ha perso di importanza affiora una nota minerale e di sottobosco diversa da quella delle altre denominazioni.

Freisa

La Freisa è un vitigno a bacca nera autoctono del Piemonte, diffuso nel Monferrato Astigiano e Casalese, fino alla Langa Cuneese. Il Freisa ha una storia molto antica, infatti le prime testimonianze scritte risalgono al Cinquecento quando un vino molto pregiato con il nome di Fresearum veniva inserito in alcuni tariffari della dogana piemontese del comune di Pancalieri, nell’attuale provincia di Torino. La Freisa è un vitigno vigoroso, con maturazione medio-tardiva. Resiste bene alle malattie e alle muffe. I terreni del Piemonte a struttura argillosa e marnosa sono un ottimo luogo per la Freisa, che è utilizzata sia in purezza che nei tagli in tutta la regione. La Freisa dà ai vini colore e buona concentrazione tannica e profumi fruttati. La componente acida e la struttura gli consentono invecchiamenti di medio termine. Al palato può essere secco o amabile e può presentarsi in versione leggermente frizzante. Da giovane è un vino fresco, dotato di vivacità e brillantezza, mentre con il tempo assume toni più maturi, con i frutti in confettura e qualche accenno terziario. Nella versione dolce è un ottimo abbinamento per la pasticceria secca o cremosa, mentre quella secca si abbina con i salumi, le carni rosse non elaborate e alcuni formaggi stagionati, ma si può anche con primi piatti al ragù.

Grignolino

Il Grignolino è un vino prodotto principalmente nel Monferrato, caratterizzato da un colore rosso chiaro con riflessi aranciati, un profumo fine e speziato (spesso con note di pepe bianco, frutta rossa e fiori) e un sapore asciutto, tannico, sapido e piacevolmente amarognolo, perfetto per accompagnare salumi, carni bianche e piatti leggeri. Fin dai tempi più antichi, è stato definito come “un anarchico testa dura” perché è davvero difficile da gestire: è molto sensibile a diverse malattie, richiede solo determinati tipi di terreni per crescere e svilupparsi e offre una produttività decisamente incostante e per niente uniforme. Le sue uve, quindi, richiedono cure e attenzioni particolari a ogni singolo passaggio. Tende a un rosso chiaro, vivace, con riflessi che virano all’aranciato, specie con l’invecchiamento. Il bouquet è complesso e fresco, con note fruttate (come lampone, fragola, ciliegia), floreali (rose) e un caratteristico sentore speziato di pepe. Al palato si presenta secco, asciutto, sapido e caratterizzato da una notevole vivacità. È ideale come aperitivo e si abbina a salumi, formaggi di media stagionatura, carni bianche (pollo, coniglio), zuppe e piatti leggeri di pesce.

Roero DOCG - Arneis

Il Roero Arneis Docg è un vitigno autoctono piemontese, riscoperto alcuni anni fa dopo un lungo periodo di abbandono. Non è un vino facile, come suggerisce il nome stesso: nel dialetto delle Langhe, infatti, quel termine significa birichino. Viti difficili da
coltivare e uve delicate, che richiedono attenzioni scrupolose e massima cura in ogni fase produttiva. Un bianco dal carattere bizzoso, si potrebbe dire. L’ostinata volontà dei nostri esperti produttori ha reso il Il Roero Arneis Docg uno dei nostri bianchi piemontesi più espressivi, capace di stupire per eleganza e sensualità. Si presenta nel calice sfoggiando un colore giallo paglierino con riflessi dorati, caratteristici dell’uva. Al naso schiude un profilo olfattivo complesso, articolato: facile cogliere suggestioni di fiori di acacia, sentori di frutta matura, in particolare di ananas e banana. Il bouquet è così intenso e suggestivo, che permane anche a bicchiere vuoto. All’assaggio è intenso, con spiccate note agrumate. Cenni di pesca completano l’esperienza di degustazione: un vino di rara finezza e di straordinaria eleganza.

Barbera d’Asti DOC

Questo famoso vino piemontese è apprezzato in tutta Italia e ha ottenuto anche dei riconoscimenti internazionali. Secondo il Disciplinare di produzione della Barbera d’Asti le zone in cui il vino può essere prodotto comprendono 116 comuni nella provincia di Asti e 51 nella provincia di Alessandria. Di colore rosso rubino, la Barbera d’Asti DOCG guadagna intensità e vira al rosso granato con l’invecchiamento. Di profumo fruttato e intenso, sprigiona note di mora, lampone, prugna e ciliegia mature. In bocca, se giovane, ha un gusto asciutto, gradevolmente fresco e floreale. Invecchiando ha il pregio di conservare una gradevole freschezza pur guadagnando tannini e spezie eleganti. Nella versione vivace acquisisce maggiore freschezza e vinosità. La sua struttura estremamente duttile gli permette di spaziare dal vivace beverino poco strutturato all’invecchiato rotondo e vellutato. Gli abbinamenti migliori con i vini regionali sono proprio i piatti tipici della regione stessa! Via libera quindi all’abbinamento con piatti piemontesi come bagna cauda, bagnet, carpaccio e bollito misto di carne, arrosti, il fritto misto alla piemontese e vitello tonnato. 

Nebbiolo d’Alba DOC

Il Nebbiolo è una delle varietà di vite più diffuse nelle colline alla destra ed  alla sinistra del fiume Tanaro. Si estende sul territorio di 25 comuni situati su entrambe le sponde. Viene coltivato con il sistema di allevamento a spalliera, che consente un’ottima attività fisiologica della vite e con potatura a “guyot”, che favorisce l’equilibrio vegeto produttivo del vitigno. La zona di produzione è caratterizzata dalla presenza di strati alternati di sabbie, argille e calcare, che possono trovarsi miscelati in maniera diversa tra loro a seconda delle zone. La presenza delle sabbie è determinante nei profumi e nelle strutture dei vini che arrivano da quest’area. Il Nebbiolo d’Alba è un vino rosso ottenuto dalla vinificazione del vitigno Nebbiolo in purezza. Il suo colore è rosso granato, mentre il profumo ricorda i sentori fruttati del lampone, del geranio, della fragolina selvatica e quelli speziati di cannella e di vaniglia.

Alta Langa DOCG

L’Alta Langa Docg è lo spumante metodo classico del Piemonte. Una denominazione dalla produzione contenuta, con una storia molto lunga: fu il primo metodo classico a essere prodotto in Italia, fin dalla metà dell’Ottocento, nelle “Cattedrali Sotterranee” oggi riconosciute Patrimonio dell’Umanità Unesco. È prodotto con uve Pinot Nero e Chardonnay, in purezza o insieme in percentuale variabile; è esclusivamente millesimato, riporta cioè sempre in etichetta l’anno della vendemmia, può essere bianco o rosato, brut o dosaggio zero e ha lunghissimi tempi di affinamento sui lieviti, come prevede il severo disciplinare: almeno 30 mesi. L’Alta Langa Docg bianco ha sfumature da giallo paglierino a oro intenso e aromi che ricordano la frutta bianca e gli agrumi con sentori di crosta di pane. Al palato è armonico, caratterizzato da una delicata sapidità. Il rosé ha un colore rosa cipria o più marcato quando è giovane, l’intensità aromatica tipica del Pinot Nero, con profumi che spaziano dal pompelmo alle spezie, un gusto equilibrato, ampio e lungo in cui si ritrova la sapidità caratteristica dell’Alta Langa Docg.

Appena sotto uno dei crinali principali delle Langhe, a cavallo tra valle Belbo e Tanaro, Cascina Raflazz domina dai suoi 770m la valle del rio

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Bovina, le frazioni sparse di Paroldo e la cerchia delle Alpi Liguri all’orizzonte. 

Tutto intorno si estendono i pascoli recintati per le pecore, campi di cereali, prati e boschi, dove si inoltrano invitanti stradelli sterrati.

La famiglia Adami vive a Cascina Raflazz da secoli, e da sempre produce formaggio di qualità. L’allevamento di pecore della Langa consiste di circa 300 capi di cui si occupano Claudio e Anna. Nel caseificio aziendale si producono dagli anni ’80 il Murazzano DOP, la “Tuma di pecora delle Langhe” e altri formaggi da latte crudo.

Agriturismo Cascina Raflazz

Via Viora 19
12070 PAROLDO  (CN)

Tel 0174 78 90 74
Cell 3351301913

E-Mail: info@cascinaraflazz.it

MORGANA DEL RE

Il Vermouth è un vino liquoroso ufficialmente di origini piemontesi. Nasce infatti a Torino nel 1786 ad opera di Antonio Benedetto Carpano, un distillatore ed erborista che, miscelando vino moscato con erbe aromatiche e spezie, inventò la formula utilizzata in seguito dalla categoria merceologica del Vermouth. La bottega di Carpano si trovava nel centro del capoluogo piemontese e avere il Palazzo Reale a pochi passi creò l’occasione per inviarne un omaggio a re Vittorio Amedeo III che lo apprezzò al punto da introdurlo tra le abitudini di consumo della famiglia reale. La bottega di Carpano divenne famosissima a Torino e dintorni e nel 1820 il nipote decise di fondare la “Fabbrica di liquori e Vermouth Carpano”, aumentandone ancora di più la fama. Gli estimatori del Vermouth furono tanti e anche noti come Cavour, Giuseppe Verdi e Massimo D’Azeglio. Ciò contribuì a rendere questo vino un prodotto regale e aristocratico, una sorta di status symbol. Secondo la legge il Vermouth deve avere almeno il 75% di vino che viene poi aromatizzato, dolcificato e lasciato invecchiare. La gradazione alcolica è variabile ma non può essere mai inferiore al 15.5%. Il vino, rigorosamente di qualità eccellente, è in genere il moscato a cui va poi aggiunto zucchero pari al 13-15% ed erbe aromatiche per lo più tenute segrete dalle case produttrici. La principale è l’artemisia ma sono usate anche il camedrio, la centaurea minore, il timo, la maggiorana, la cedrina, la salvia, la camomilla romana, il garofano, lo zafferano, l’anice, il coriandolo, il finocchio, la vaniglia, l’angelica, la genziana, il calamo aromatico, il giaggiolo, le cortecce di cannella, di china e tanto altro. Le principali versioni del Vermouth sono bianco, rosso, rosè e dry in cui variano la gradazione alcolica e zuccherina.

Murazzano DOP
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Si narra che se volete conoscere la Langa vi addentrerete in un mondo diverso, più selvaggio: l’ Alta Langa. A Mombarcaro, nelle mattine senza nebbia, potrete scorgere il mare. A Bossolasco, Serravalle, Somano sentirete il profumo delle rose misto a quello delle foglie bruciate dei noccioleti. Vi ritroverete in una terra orgogliosa , che grazie alla guerra partigiana resistette ai tedeschi. Scoprirete la Langa magica di Paroldo, con le sue leggende sulle “masche”, comunemente conosciute come streghe. Sulla cresta di quelle alte colline che possono superare gli 800 metri vedrete una terra di povertà contadina, ma anche un’oasi felice ricca di tesori botanici. Con un clima mite in inverno e fresco d’estate, la flora alpina convive qui in armonia con quella mediterranea e le pecore quando vanno al pascolo sono attese da un ricco banchetto di erba e fiori, capace di trasmettere al latte i profumi che rendono unico il Murazzano che non è solo un formaggio, ma un tratto culturale che distingue da sempre il popolo di queste colline e lo unisce in quel sapore unico nei cinquanta comuni della denominazione. A Murazzano, dove abita la pecora di Langa, potrete assaggiare un formaggio talmente squisito che pure il diavolo provò a portarselo all’inferno e per rubarlo si tramutò in un corvo, ma un giovane valoroso lo riconobbe e lo buttò in un pozzo.

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Ossolano DOP
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L’Ossolano DOP è un formaggio la cui storia centenaria, rappresentata da numerose testimonianze storiche, paesaggistiche e simboliche, connota fortemente il territorio. È la principale espressione casearia dell’estremo nord del Piemonte, prodotto con latte di vacche allevate e nutrite integralmente nelle Valli di queste zone. 

Il formaggio Ossolano è espressione del “saper fare” collettivo degli agricoltori ossolani, risultato di un percorso condiviso di qualificazione. Il legame del prodotto con la storia e le tradizioni locali ha origine dai rapporti intercorsi tra le popolazioni originarie del luogo e quella dei Walser, che nei secoli giunsero dalla vicina Svizzera e si stabilirono nei territori ossolani, tanto da diventare una delle tre minoranze linguistiche del Piemonte (oltre ai Francoprovenzali e ai Valdesi). Il riconoscimento del formaggio Ossolano DOP ha coinvolto tutti gli interlocutori della filiera produttiva ossia allevatori, caseifici e stagionatori con un percorso lungo e a volte tortuoso ma che ha permesso il coinvolgimento di tutti tenendo conto delle esigenze di ciascun portatore d’interesse.

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Roccaverano DOP
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Le origini risalgono al popolo dei Celti che, stabilitisi in Liguria, iniziarono a produrre un formaggio molto simile al prodotto attuale. Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia cita fra le prelibatezze la “rubeola” del Piemonte, dal latino ruber, termine con cui veniva indicato il colore rossastro assunto dalla crosta al termine della stagionatura. In un manoscritto del 1899, a firma del Sacerdote Pistone, viene riportata la storia della Parrocchia di Roccaverano dal 960 al 1860 e si parla anche di “eccellenti formaggi di robiole” e della loro diffusione ed esportazione al di fuori dei confini nazionali, precisamente in Francia. La Denominazione d’origine protetta per il Roccaverano DOP è stata istituita nel 1966 ma il primo riconoscimento ufficiale è la Denominazione che risale addirittura al 1979 con il DPR firmato dal Presidente della Repubblica Sandro Petrini. Nel 2021 i produttori del Consorzio di Tutela del formaggio Roccaverano DOP hanno deciso di eliminare il termine “robiola” dalla denominazione del prodotto per non creare confusione nei consumatori utilizzando un termine diventato ormai commercialmente ambiguo. Oggi rappresenta una delle pochissime DOP caprine dell’intero panorama caseario italiano

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Riso di Baraggia
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Il Consorzio di Tutela della DOP Riso di Baraggia Biellese e Vercellese è stato riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali il 15 novembre 2007. È incaricato di svolgere, funzioni di tutela, di promozione e valorizzazione della DOP Riso di Baraggia. La filiera del riso DOP è composta da aziende agricole, riserie e confezionatori che operano nel territorio della Baraggia piemontese, un’area pedemontana rivolta verso il Monte Rosa che si estende per 44 mila ettari tra le province di Biella e Vercelli. Circa la metà di questo territorio è destinato alla coltivazione del riso, con 22 mila ettari di risaia. Sono 28 i comuni compresi nella zona di coltivazione, raccolta e trasformazione del riso di Baraggia DOP: Albano Vercellese, Arborio, Balocco, Brusnengo, Buronzo, Carisio, Casanova Elvo, Castelletto Cervo, Cavaglià, Collobiano, Dorzano, Formigliana, Gattinara, Ghislarengo, Gifflenga, Greggio, Lenta, Massazza, Masserano, Mottalciata, Oldenico, Rovasenda, Roasio, Salussola, San Giacomo Vercellese, Santhià, Villanova Biellese, Villarboit.

VERMOUTH
Ancora 3
I produttori di filiera

Fanno parte della COMPAgnia dei Sapori Piemontesi aziende, piccoli produttori, associazioni e botteghe locali. Tutte realtà molto diverse tra loro, ma accomunate da una stessa filosofia: prima di tutto il rispetto per la natura e l’ambiente, la valorizzazione delle tradizioni e l’impegno per una qualità autentica, sincera. Questa rete di eccellenze nasce dal desiderio di promuovere il territorio piemontese attraverso i suoi sapori più genuini. Ogni prodotto racconta una storia: quella delle mani che lo hanno lavorato, dei saperi tramandati di generazione in generazione, dei paesaggi in cui ha preso vita. Dal miele di montagna al vino delle colline, dai formaggi d’alpeggio ai salumi artigianali, fino alle marmellate e ai prodotti ortofrutticoli: ogni membro della COMPAgnia è custode di un pezzo di Piemonte, da scoprire con lentezza, rispetto e curiosità. La COMPAgnia dei Sapori Piemontesi non è solo un gruppo di aziende, ma una comunità. Una rete solidale che crede nella collaborazione, nella sostenibilità e nella filiera corta, per offrire ai consumatori prodotti buoni, puliti e giusti, nel pieno spirito dell’agricoltura responsabile e della cultura gastronomica locale. Scegliere i prodotti della COMPAgnia significa compiere un gesto consapevole: è un modo per sostenere le economie locali, tutelare l’ambiente e riscoprire il piacere del cibo vero, quello che parla il linguaggio del territorio.

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